LA MOSTRA
Un’esperienza immersiva e multisensoriale

Nel 2025 la campagna Dottore ho l’asma. È grave? diventa una mostra, inserita nel programma della Milano Digital Week: cinque opere animate che, grazie all’ausilio dell’arte figurativa e del linguaggio digitale, offrono un’esperienza immersiva e multisensoriale alla scoperta dell’asma grave.

Per mantenere un continuum narrativo coerente con il cortometraggio Respira del 2024, le opere sviluppano i temi già esplorati nel corto: Silenzio, Nebbia, Colore, RocciaLabirinto.

Le illustrazioni sono realizzate da Lavinia Fagiuoli e Francesca Gastone, le animazioni sono a cura di Giacomo Manzotti – regista, animatore e motion designer – e i suoni di Fabio Sirna – musicista e sound designer; ognuno di questi elementi permette di osservare l’asma grave da una prospettiva inedita, capace di restituire la complessità e le molte sfaccettature della patologia:: 

SILENZIO – Sottovalutazione della patologia da parte del paziente
NEBBIA – Confusione prima della diagnosi
COLORE – Isolamento sociale
ROCCIA – La paura
LABIRINTO – Percorso di cura complesso 

Attraverso queste video-installazioni, lo spettatore entra nel mondo dell’asma grave e può coglierne i significati nascosti: la fatica del respiro, la solitudine, le barriere invisibili, ma anche la forza, la speranza e la possibilità di ritrovare luce e libertà. 

L’elemento esterno di colore blu, all’interno di ogni opera, segna il cambiamento nella gestione quotidiana della patologia, reso possibile dal supporto dei clinici e dall’arrivo dei farmaci biologici. Oggi, infatti, la cura dell’asma è radicalmente cambiata con le terapie biologiche mirate in grado di agire con precisione sui meccanismi della maggior parte delle forme di asma grave. 

SILENZIO – Sottovalutazione della patologia da parte del paziente

A cura di: Lavinia Fagiuoli, Giacomo Manzotti, Fabio Sirna 

La stanza è silenziosa.

I suoni arrivano ovattati.

Seduta accanto alla finestra socchiusa, una donna ascolta il proprio respiro: affannato, breve, ma ormai familiare.

Da tempo considera normale quella fatica, ha imparato ad adattarsi. Ha rinunciato a molte cose, ma senza mai davvero fermarsi a chiedersi quanto stesse cambiando la sua vita. 

Ha sempre pensato che fosse solo stanchezza, o forse ansia. Così ha smesso di parlarne, di chiedere aiuto. Ha imparato a evitare gli sforzi, a limitare i movimenti, a restare a casa. Pian piano, il mondo fuori si è allontanato. 

Un giorno, dalla finestra entra una farfalla blu e si posa delicatamente sulla barriera che la imprigiona. La donna la guarda e, per la prima volta dopo tanto tempo, sente una luce accendersi dentro di sé. La bolla che la separava dal mondo inizia a dissolversi. Grazie a una diagnosi accurata e a una terapia mirata, riscopre il valore di ascoltare il proprio corpo e di prendersi cura di sé.

Il silenzio che prima era rassegnazione diventa spazio di consapevolezza: ogni respiro è ora un segnale da rispettare. 

NEBBIA Confusione prima della diagnosi 

A cura di: Lavinia Fagiuoli, Giacomo Manzotti, Fabio Sirna 

La nebbia è fitta, avvolge tutto. L’acqua è immobile, una distesa grigia che non lascia intravedere l’orizzonte. Su una piccola barca, un uomo è seduto immobile. Respira a fatica, come se ogni respiro fosse un lavoro pesante. 

Da tempo vive così: senza una spiegazione chiara, senza un nome per il suo malessere. I giorni scorrono uguali, tra la paura di non riuscire a respirare e il senso di impotenza. La nebbia non è solo fuori: è anche dentro di lui. Pensieri offuscati, nessun programma, nessun progetto. 

Ma in lontananza, tra il grigio, una luce blu squarcia la foschia. È un faro che lo guida. Per la prima volta sente di non essere solo: qualcuno ha dato un nome alla sua sofferenza.

È la diagnosi.

Per la prima volta sente di avere una direzione. Con la diagnosi arriva una terapia mirata: la barca sembra più stabile, il mare meno minaccioso. La nebbia si dissolve lentamente. L’uomo guarda avanti e, per la prima volta da mesi, riesce a immaginare un futuro diverso. Il respiro non è più solo sopravvivenza, ma una possibilità di vivere davvero. 

COLORE Isolamento sociale 

A cura di: Francesca Gastone, Giacomo Manzotti, Fabio Sirna

All’inizio c’è solo buio.

Una città intera è spenta: nessuna luce alle finestre, nessun suono nelle strade. Solo una stanza illuminata, in cui un uomo anziano guarda fuori con lo sguardo fisso verso l’esterno. È da tempo che non esce di casa: teme che l’aria fredda, il vento o una salita possano peggiorare la sua condizione. 

L’asma grave non è solo fatica fisica, è una barriera invisibile che lo separa dagli altri. Le giornate sono lunghe e silenziose, scandite da piccoli gesti ripetuti.

Poi, qualcosa cambia.

Una finestra si accende di blu in lontananza. Poi un’altra, e un’altra ancora. È come un filo di luce che attraversa la città. La sua finestra stessa si illumina per un istante: il riflesso colora il suo volto, spezza la monotonia. 

A poco a poco, le luci si moltiplicano, le strade si riempiono di persone, i muri tornano a colori caldi. La città riprende vita.
L’uomo inspira profondamente, si avvicina alla porta di casa, la apre: l’aria fresca lo colpisce, portando con sé odori e suoni dimenticati.
Fa un passo fuori. I colori lo avvolgono, le voci gli sembrano più vicine. Con l’arrivo dei famaci biologici uscire non è più un rischio: è una scelta possibile. 

ROCCIA  La paura 

A cura di: Lavinia Fagiuoli, Giacomo Manzotti, Fabio Sirna

Il mare è agitato e le onde si infrangono contro una scogliera. Su uno scoglio isolato, una ragazza resta ferma. Il petto contratto, il respiro corto e affaticato. Ogni gesto richiede attenzione, come se un semplice passo potesse scatenare una crisi. 

Vive così da mesi: l’asma grave l’ha obbligata a rinunciare a molte attività, persino alle passeggiate con il suo cane, alle corse che amava, alle giornate spensierate. Ora il suo compagno di avventure la osserva da una roccia vicina, scodinzola, come per invitarla a raggiungerlo. Ma la paura la tiene ferma: anche un movimento banale è diventato motivo di ansia. 

Il mare attorno sembra riflettere il suo stato: ogni onda è un ostacolo, ogni raffica di vento un ricordo di quanto il respiro sia fragile. Poi, dal fondo del mare, affiora una roccia blu. È luminosa, stabile. La ragazza inspira a fondo, raccoglie coraggio e fa un passo. Appoggia i piedi sulla pietra: il fiato si calma, il cuore rallenta. Da lì compie un altro salto, e poi un altro ancora. 

Quando raggiunge il suo cane, lui le corre incontro. Lei lo stringe, sorride: non è solo un gesto di affetto, ma il segno di una conquista. La giusta terapia le ha dato strumenti e fiducia: ora non si sente più prigioniera. Può tornare a muoversi, a vivere.  

LABIRINTO Percorso di cura complesso

A cura di: Francesca GastoneGiacomo Manzotti, Fabio Sirna 

Il labirinto è oscuro e silenzioso, fatto di muri alti e corridoi stretti che si intrecciano senza sosta. Una giovane donna cammina lentamente, da tempo vaga tra corridoi senza fine, ogni strada sembra identica; conosce il nome della malattia, ma il cammino per stare meglio è lungo, e richiede tempo, pazienza, costanza. 

Ogni porta è una visita di controllo, ogni passo una verifica dei progressi. Non è più la nebbia iniziale, ma una fatica che richiede coraggio e fiducia. 

Davanti a lei appare uno specchio blu. Si avvicina e incontra il proprio sguardo riflesso. È un momento di silenzio, di verità: tocca la superficie fredda e luminosa e per la prima volta sente una connessione profonda, come se finalmente qualcuno la vedesse davvero. Con l’inizio della corretta terapia e del supporto medico, le pareti del labirinto scompaiono, una dopo l’altra. L’incertezza e la paura si sgretolano sotto i suoi piedi, lasciando spazio a un terreno solido, libero, aperto. 

Lo specchio svanisce, ma in lei resta la consapevolezza di avere finalmente un punto di riferimento: una guida sicura. Ora respira profondamente, sentendo il peso sollevarsi dal petto. Intorno a lei non ci sono più muri, solo spazio, luce, possibilità. 

È libera.